Morti, guerriglie e fughe. Una lenta discesa nell‘abisso.
Nelle ultime settimane vi avevo parlato della drammatica situazione in Etiopia e della sua lenta escalation verso una guerra regionale, pericolosa per l’intero Corno d’Africa.
Oggi posso confermare che, pur non conoscendo le pieghe che prenderà questo conflitto, la situazione è precipitosamente peggiorata.
La scorsa settimana, il fronte tigrino TPLF deciso alla secessione e il governo centrale non hanno mancato in episodi di violenza. 34 persone sono rimaste uccise sotto i colpi di arma da fuoco scagliati contro un pullman di civili dai guerriglieri tigrini, razzi sono stati invece lanciati in direzione dell’aeroporto di Asmara in opposizione all’Eritrea, accusata di favoreggiamento e appoggio del governo centrale etiope.
25000 persone parrebbero in fuga nel vicino Sudan e secondo le nazioni unite la curva potrebbe salire esponenzialmente, arrivando a quota 200mila nei prossimi giorni. Si parla di una vera e propria crisi umanitaria. L’UNHCR ha immediatamente aperto un nuovo campo profughi ma i numeri sono destinati a salire, come ribadito dallo stesso Abdallah Soulemain, commissario sudanese per i rifugiati che in un suo ultimo intervento ha sollecitato la comunità internazionale ad inviare aiuti urgenti.
La popolazione ha paura, fugge senza riparo, raccontano di aver visto corpi a terra lungo la strada, alcuni testimoni riferiscono che sarebbero stati uccisi con coltelli e machete tutti quelli che si definivano tigrini. Non solo, manca acqua potabile, cibo e rifugi adeguati all’accoglienza.
I tigrini pur non rappresentando la maggioranza della popolazione, con il solo 6%, godono di un notevole potere e ancora oggi sono visti da molti come veri e propri eroi per aver combattuto la giunta militare marxista tra la fine degli anni 70 e l’inizio degli anni 80.
Con l’ascesa del nuovo presidente nel 2018, l’Etiopia sembrava aver finalmente raggiunto un suo equilibrio, conclusosi con il benestare della vicina Eritrea che vedeva di buon occhio il ristabilimento di una condizione di apparente stabilità nel vicino Paese e quindi dell’Intero Corno d’Africa. Al contrario i tigrini serbano un profondo risentimento nei confronti dei vicini di casa, rei di aver accolto in maniera positiva il nuovo establishment politico che avrebbe cambiato per sempre la loro storia e quella del paese.
Intanto, come vi avevo già accennato, l’Egitto e il Sudan che mal hanno digerito la costruzione della nuova diga etiope sul Nilo azzurro realizzata anche dall’Italia con il contributo della ditta Salini –Impregilo, avrebbero iniziato esercitazioni militari congiunte.
Non solo. La lenta escalation ha preoccupato non poco le autorità internazionali portando
António Guterres, segretario generale delle Nazioni Unite, ha chiedere al governo etiope di “fare il possibile per proteggere i civili, rispettare i diritti umani e garantire aiuti umanitari agli abitanti” durante l’offensiva dell’esercito nella regione dissidente del Tigrai, nel nord del paese.
L’ultimatum lanciato dal primo ministro Abiy Ahmed, che aveva dato alle autorità del Tigrai 72 ore per arrendersi è ormai scaduto nonostante l’incontro avuto con i tre rappresentanti dell’Unione africana il premier si dichiarato disposto a parlare solo ed esclusivamente con forze che operano legalmente nella regione, come dichiarato dall’agenzia di stampa Associated Press.
Intanto come preannunciato parrebbero infuriati i combattimenti a Makelle e il Primo ministro Abiy ha dichiarato di non voler in alcun modo lasciar correre quanto accaduto poiché questo “alimenterebbe una cultura dell’impunità con costi devastanti per la sopravvivenza del paese”.
Il conflitto non si ferma e con ogni probabilità avrà dei costi devastanti per la popolazione.
L’attenzione internazionale è alta e la paura in queste ore è reale e tangibile determinata oltremodo, dall’angoscia collettiva per un possibile coinvolgimento delle forze jihadiste all’interno del conflitto. Se la risoluzione non avverrà in tempi brevi a farne le spese potrebbe essere un’intera regione africana. L’Etiopia potrebbe scomparire lasciando dietro di sé lunghi anni di guerra tra etnie in conflitto.