Parlare delle donne oggi è estremamente necessario. Niente bandiere e slogan urlati, piuttosto occorre domandarsi perché ancora oggi, molte donne, bambine e giovani sono vittime di violenze fisiche e mentali. Ed il tema delle spose bambine rientra pienamente in questo ragionamento.
Le ragioni per cui parlarne sono molteplici: la prima riguarda certamente il mio essere donna e l’indignazione che provo ogni qualvolta leggo notizie su questo tema; la seconda riguarda strettamente quelli che ritengo i “diritti e doveri” di ognuno ed in particolar modo, il dovere che ogni essere umano ha, nel difendere minori e innocenti, vittime di pratiche figlie di tradizioni millenarie, radicate e diffuse; il terzo riguarda nello specifico il mio ruolo da portavoce parlamentare, ritengo infatti fondamentale dare voce a chi voce spesso non ce l’ha.
Una pratica, gli sposalizi combinati o forzati, che è ancora molto diffusa in diverse parti del mondo, specialmente nelle zone rurali e nelle comunità più povere. Ad esempio, nell’Asia meridionale, nel Medio ed Estremo Oriente, o nell’Africa Subsahariana. Non parliamo di numeri piccoli: sono oltre 12 milioni le bambine che ogni anno si sposano in età infantile. Un ulteriore grande problema pone attualmente la pandemia da COVID-19, rischiando di aggravare ulteriormente questo fenomeno, con un incremento, secondo le stime, di circa 4 milioni di matrimoni precoci in più ogni anno.
Sono tante, troppe.
Le cause? La povertà, l’onore della famiglia, l’errata concezione del matrimonio, la volontà per norme sociali o religiose e la mancanza di leggi a diniego della prassi gravano oltremodo su una pratica già ampiamente vietata e discussa peraltro con la Convenzione sui diritti dell’infanzia, (Convention on the Rigths of the Child – CRC) approvata dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 20 novembre 1989, con la Dichiarazione Universale dei diritti dell’uomo e più in generale con la violazione dei diritti umani.
Seppur il pensiero comune è quello di una ferma condanna, in pochi si soffermano sulle conseguenze quotidiane e ripetute che questa pratica può avere sulle giovani future donne, con serie ripercussioni sullo sviluppo fisico e psichico dell’individuo.
L’isolamento dalla propria famiglia di origine così come una repentina esclusione dal mondo esterno porta inevitabilmente la “sposa bambina” a stabilire nell’immediato un rapporto di dipendenza totale con il proprio aguzzino, ad abbandonare precocemente la scuola e, ancora, a gravi complicanze fisiche dovute a gravidanze precoci non monitorate o a complicazioni durante il parto.
Non solo. Se la povertà e la non conoscenza meglio detta come ignoranza, rientrano tra i primi fattori causali, in alcuni Paesi, ad aumentare le criticità di questi matrimoni rientrerebbe pure il fattore religioso.
Un triste caso, ben noto, è appunto il Pakistan e particolarmente il Punjab dove, ogni anno, circa 2000 bambine di religione cristiana e indù vengono rapite, violentate, convertite con forza alla religione predominante islamica e costrette a sposare uomini più grandi.
Di alcune si perdono le tracce per altre la fuga dal proprio aguzzino non è cosa semplice. Capita a volte che, pur riuscendo a rintracciare la propria famiglia di origine, le ragazze siano relegate in case bunker dove verrebbe intimato loro anche attraverso l’uso delle armi e della violenza, di non fuggire.
A questo punto le ragazze trovano altri due ostacoli: la polizia locale e il reato di apostasia.
Infatti, nonostante la pratica dei matrimoni con minori sia assolutamente bandita, in alcuni casi, forti della tradizione popolare, le forze di polizia locale, chiudono un occhio, acconsentendo tacitamente al rito.
Oppure, come dicevo, l’apostasia e cioè la condanna della giovane moglie nel peggiore dei casi l’uccisione. La fuga dalla propria casa coniugale e dal marito sarebbe dunque reato grave, in qualche modo, si starebbe ripudiando la religione stessa.
Penso, come donna e come cittadina italiana, alle migliaia di donne che subiscono o che hanno subito stupri e violenze. Penso a noi, cittadini europei che abbiamo dalla nostra un milione di strumenti di condivisione. Sbagliamo per esempio quando ci dichiariamo con troppa superficialità “cittadini del mondo”, volgendo spesso lo sguardo dall’altra parte di fronte alle ingiustizie compiute. Sbagliamo quando è il nostro egoismo ad avere la meglio rendendoci vigliacchi.
Quella delle spose bambine è una tematica spinosa che ogni cittadino dovrebbe fare propria. Se è vero che oggi molte rivoluzioni iniziano dalla rete, forse, dovremmo cercare di usare questa rete nella maniera più corretta.
Forse non tutti sanno che, in Italia, un enorme progresso è stato compiuto con l’approvazione, della legge c.d. “Codice rosso” e l’introduzione di un nuovo reato, quello dei matrimoni forzati appunto, per cui la Costrizione o induzione al matrimonio (558 bis c.p.): si punisce il reato con la reclusione da 1 a 5 anni verso chi, con violenza o minaccia, costringa una persona a contrarre matrimonio o unione civile. La pena è più grave quando il reato è commesso a danno di minorenni.
Abbiamo spianato la strada, adesso, se vogliamo davvero cambiare le cose dobbiamo anche rifinirla! Il nostro Paese ha ignorato il “commento generale n°4” del Comitato sui diritti dell’Infanzia emanato nel 2003, non modificando o aggiornando l’età minima per il matrimonio.
È un punto su cui dovremmo incidere con più forza.
“Quando sei in fuga ogni giorno rappresenta tutta la tua vita. Ogni minuto di libertà è una breve storia a lieto fine”. (Shantaram)