“Il primo attacco aereo ha colpito la casa di mio fratello Hosni. Il secondo ha colpito la casa del nostro vicino Hamid, e il terzo ha colpito di nuovo la casa di Hosni. Il quarto attacco ha colpito la mia casa. Abbiamo perso tutto”.
(Ali Ahmed Jaber)
Si scrive sempre troppo poco e molto raramente di quanto accaduto in Yemen. Ringrazio dunque la Rete italiana Pace e Disarmo e l’ong Yemenita “Mwatana” per l’invito e per la forte testimonianza sull’attacco al villaggio di Deir al-Hajari che l’8 ottobre 2016 uccise un’intera famiglia. Le bombe utilizzate durante l’attacco avevano la bandiera italiana.
Il video racconta solo una storia: la storia degli ultimi, dei parenti delle vittime, la storia di chi ha voce per raccontare e pochi mezzi per difendersi. Una storia che chiede giustizia e poco altro, una storia confusa nella polvere di attacchi violenti a discapito della povera gente. Una storia sbagliata.
Come Presidente dell’Intergruppo parlamentare Italia-Yemen ho sin da subito promosso incontri, confronti e dibattiti sul tema, interloquendo con l’ambasciata yemenita, con le Nazioni Unite e con esperti sulla questione. Non solo, ho sentito la necessità di dare voce al popolo yemenita facendomi promotrice in prima istanza di una mozione, discussa e approvata poi in aula, sulla sospensione di nuove autorizzazioni alla vendita di armi a paesi direttamente coinvolti nel conflitto, criticando al contempo fortemente l’incremento convulso voluto dai governi precedenti per la concessione delle autorizzazioni ad esportare armamenti e di maxi commesse concesse, nel bel mezzo di una guerra in corso.
Il Movimento 5 Stelle, se vorrà dimostrare voglia di cambiamento in questo senso, dovrà impegnarsi ancora: in primis, prorogando la sospensione dell’export armi verso lo Yemen, la risoluzione è quasi pronta. In seconda istanza dovrà continuare a portare avanti la strada della diplomazia e del disarmo. Come? Attraverso la riconversione delle fabbriche italiane produttrici di armi, ad esempio, puntando nel contempo su innovazione e nuove tecnologie e supportando così la salvaguardia dei posti di lavoro. E’ necessario che il Paese, continui il percorso intrapreso, del dialogo e nell’ambito della cooperazione internazionale aiutando i paesi in conflitto, come già accennato per la questione siriana, a preservare l’eredità culturale storica e locale.
Sarebbe un buon esempio di cambiamento: il migliore, in quella che forse un giorno chiameremo “èra post-Covid”.
P.S. Il video è disponibile qui: https://www.youtube.com/watch?v=QQi2lgFcHNE, guardatelo fino in fondo.