Se una cosa l’abbiamo capita in questi millenni di storia, è che la guerra spesso colpisce i meno colpevoli, e cioè i bambini, i ragazzi, le generazioni future a cui viene lasciata questa terra, con le sue innumerevoli sfide da affrontare.
E succede cosi, paradossalmente e tristemente niente di nuovo, che anche in questo momento così complesso di Covid-19 ed inizi del nuovo anno scolastico tra Gaza ed Israele riprendono i combattimenti: 13 razzi lanciati da Gaza, di cui 8 intercettati da Iron Dome, come risposta alla firma degli accordi celebrati proprio martedì alla Casa Bianca dal Premier israeliano Benjamin Netanyahu con i leader di Emirati Arabi Uniti e Bahrein per la normalizzazione dei rapporti. Quello che Trump definisce “l’alba del nuovo Medio Oriente” vede da parte di Israele una immediata risposta con l’attacco di decine di siti. Personalmente non posso che condannare entrambi gli attacchi, ma quel che fa ancora più rabbia sono gli “effetti collaterali” che si sono succeduti in questi anni – case abitate, scuole, ospedali – ed è proprio lì che la responsabilità diventa quella più pesante, quella di cui nessuno può sottrarsi, perché l’istruzione è un valore universale per tutti i bambini.
Il premier Netanyahu ha dichiarato ieri, al ritorno dagli Stati Uniti, che tornerà in Israele con tre missioni: per combattere il Coronavirus, il terrorismo e continuare ad espandere il cerchio della pace. Ecco, non posso che essere d’accordo, dichiarando che tutti questi tre si raggiungono solo con la collaborazione, con il dialogo e soprattutto facendo si che le nostre nuove generazioni possano ereditare un mondo migliore.