“Preventivi” e “acconti”, come se vi fosse una contrattazione di merci, quando al centro del business c’erano esseri umani: 14 trafficanti sono state arrestate dalla Dda di Palermo con l’accusa di associazione a delinquere transnazionale finalizzata al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. Altre 4 persone, due dei quali ai vertici dell’organizzazione, sono ancora latitanti.
Glauco 4, un’indagine proseguita dal 2013, che ha consentito di individuare ed identificare decine di trafficanti di esseri umani, soprattutto di nazionalità eritrea, etiope e sudanese, che agivano in cellule tra Lombardia e Friuli.
Il traffico di esseri umani non è una novità, soprattutto per chi conosce le dinamiche di arrivo via mare attraverso la Libia.
Questa organizzazione criminale, in particolare, si fornirebbe infatti di cellule operanti tra il Centro Africa, paesi del Maghreb, Italia, ma anche vari paesi del Nord Europa, con l’organizzazione dei vari trasferimenti in cambio di cifre che possono cambiare nel corso del viaggio, costringendo i migranti, a chiedere alle proprie famiglie d’origine un indebitamento. Uno dei sistemi di intermediazioni usato è la “Hawala”, un sistema fiduciario usato per il pagamento dei viaggi dei profughi, simile al Money Transfer. Molto è ovviamente legato alla permanenza dei migranti in Libia prima dell’ultimo tratto di viaggio sui barconi. Nei lager libici infatti, prigioni di cui da anni chiediamo la chiusura, avvengono atroci violazioni dei diritti umani ed estorsione di denaro, ed uno dei fermati risulta proprio essere il gestore di alcuni centri profughi in Libia stesso.
A scoperchiare il vaso di Pandora è stato Nuredin Atta Wehabrebi, arrestato nel luglio 2014 a valle dell’operazione Glauco 1. L’ex trafficante ha infatti fornito agli investigatori del Servizio centrale operativo della polizia e della Squadra mobile di Palermo le nuove coordinate del traffico di migranti dall’Africa all’Italia.
Un altro membro di spicco della cellula era Binyam Tesfagar, considerato nella comunità eritrea di Milano uno dei maggiori operatori di hawala, colui che svolgeva il ruolo di “banchiere illegale” presso un bar denominato “Eritrea”, di cui era proprietario.
Le indagini hanno documentato persino un esempio di passaggio di denaro per la liberazione di un migrante detenuto dai trafficanti in Libia: Zemen. La madre del migrante si rivolgeva proprio ai due trafficanti, i quali richiedevano la somma di 1800 dollari per ottenere la liberazione del ragazzo.
Mentre si cercano altri indagati, l’Onu avvisa il nostro Paese, e tutta l’Unione Europea, sulla situazione in Libia, con un documento in cui descrive abusi e respingimenti che non possono considerare quel paese un luogo sicuro.
Adesso con quel documento, dovremo tutti fare i conti. Adesso con quel documento, non possiamo più girarci dall’altra parte.