La vicenda della vendita di armi all’Egitto, in particolare delle due fregate italiane Fremm, ha implicazioni politiche, economiche e diplomatiche, che si intrecciano forzatamente con le nostre posizioni geostrategiche ma anche con la morte di Giulio Regeni e i tanti dubbi sulla condotta morale di uno stato come l’Egitto del quale spesso denunciamo la ferocia e il latente rispetto dei diritti umani.
Domani il Premier Conte riferirà proprio a riguardo davanti alla Commissiona Parlamentare di inchiesta sulla vicenda di Giulio, richiesto pochi giorni fa.
Il 1° luglio sarà una data importante: La procura di Roma si recherà al Cairo per incontrare la sua controparte e discutere sulla richiesta di comunicazione del domicilio degli agenti indagati nel caso Regeni, condizione necessaria per avviare il processo. La richiesta è uguale a quella di aprile 2019, a cui non fu però data risposta.
Stavolta però sul piatto ci sono scambi commerciali in armamenti su cui la UAMA (autorità nazionale competente per il rilascio delle autorizzazioni per l’interscambio di materiali di armamento) deve dare il via libera all’autorizzazione dell’esportazione.
E’ proprio QUI che la politica può entrare in gioco e fare qualcosa, e deve farlo considerando le nostre leggi, la nostra costituzione, la situazione geopolitica attuale, ed ovviamente anche la questione Regeni e la condizione di Zaky. Non possiamo abbassare la guardia su nessuna di tutti i punti sopra menzionati
Condivido le parole di Matteo Bressan, docente di Relazioni internazionali e studi strategici presso la Lumsa: oltre alla valutazione commerciale che deriva da questo accordo di oltre 9 miliardi di commesse totali, è dirimente valutare altresì gli altri aspetti, come l’impatto nei rapporti di forza nel Mediterraneo e la coerenza con l’interesse nazionale nello stabilizzare quell’area: prima su tutti la Libia, dove l’Egitto è alleato, e fornitore di armi, del generale Haftar, mentre l’Italia sostiene il governo di Serraj, ma anche la sua posizione riguardo allo Yemen, un tema che seguo molto.
Non posso prescindere dal fatto che Conte e Al-Sisi debbano continuare un dialogo e un rapporto diplomatico che non sia solo basato su scambi commerciali, legittimi, fino a che non entrano in contrasto con la legge 185 del 1990 e la nostra Costituzione, che all’articolo 11 promuove “pace e giustizia tra le Nazioni”.