La trentenne Sarah Hegazy, attivista egiziana per i diritti della comunità LGBT, si è suicidata nella sua casa in Canada, dove viveva in esilio dal 2018.
Un’altra morte innocente, un’altra persona con le cicatrici profonde dalla sofferenza subita per la sola colpa di essere sé stessa.
Sarah aveva issato la bandiera arcobaleno Lgbt in un concerto in Egitto nell’ottobre 2017. In seguito, per quella vicenda, era stata arrestata insieme con altre decine di persone, accusata dalla magistratura egiziana di “promuovere la devianza e la dissolutezza sessuale”, trascorrendo tre mesi in prigione prima di essere rilasciata su cauzione. Tuttavia, aveva sofferto di disturbo da stress post traumatico causato dall’umiliazione e dai maltrattamenti che ha dovuto affrontare durante la sua prigionia, tanto da convincerla a tentare il suicidio in cella.
Nel 2018 la richiesta di asilo ed il trasferimento in Canada. Nella lettera lasciata la giovane ha scritto: “Ai miei fratelli: ho cercato di trovare la redenzione e ho fallito, perdonatemi. Ai miei amici: l’esperienza è stata dura e sono troppo debole per resistere, perdonatemi. Al mondo, sei stato in gran parte crudele, ma io perdono”.
Un’altra vita spezzata per la discriminazione insensata e l’intolleranza e un messaggio terribile a chi come lei vorrebbe semplicemente essere sé stesso: nascondetevi o finirete male. Beh, è proprio contro questo che dobbiamo lottare, perché nessuno possa mai più morire o soffrire semplicemente per essere sé stessi. Alziamola tutti quella bandiera, facciamolo per Sarah.