Mentre il ministro degli Esteri Luigi Di Maio martedi si è recato per una visita in Libia, a Tripoli, Bengasi e Tobruk, incontrando il premier al Sarraj e l’avversario Haftar, a Roma ne abbiamo parlato nel convegno “Libia: quali strategie per la risoluzione del conflitto?”
Uno scenario molto allarmante ha ricordato in apertura la viceministra agli Esteri Marina Sereni, ponendo l’attenzione sulla necessità di una tregua e soluzione diplomatica, che per l’Italia rappresenta l’unica via possibile. Riguardante il Memorandum Italia- Libia serve un maggior coinvolgimento di OIM e UNHCR, e una attenzione più mirata al rispetto dei diritti umani, che non possiamo ignorare vengano violati. Eppure è importante ricordarsi, fa notare in conlusione, che la Libia non significa soltanto flussi migratori, ma possibilità di sviluppo e scambi commerciali con tutto il nord Africa.
Presente anche l’ambasciatore libico in Italia Omar Tarhuni, che ha elencato le difficoltà in cui versa un governo come quello di Al Serraj, che deve essere difeso da attacchi militari sostenuti da potenze economiche che riforniscono di armi i nemici (riferimento a Russia ed Egitto che sosterrebbero Haftar con uomini e armi), nonché l’importanza di garantire difesa dei confini a sud del paese.
Dalla voce del giornalista Alberto Negri, abbiamo ripercorso le fasi di questi anni di conflitti, a partire dal 1969, anno della salita al potere di Gheddafi. Le dure critiche di Negri portano a riflettere sull’importanza di avere un ruolo nelle controversie del Mediterraneo, soprattutto in una posizione strategica come la nostra. Ecco perché è fondamentale non perdere nemmeno una battuta di quello che sta accadendo al di là del Mar Mediterraneo. La Libia avrebbe potuto essere il primo partner commerciale, fonte di materie prime, forza lavoro per le nostre aziende e la nostra tecnologia, oggi invece è la terra di nessuno da cui partono migliaia di migranti verso le nostre coste.
Putin e Erdogan, insomma, secondo Negri stanno semplicemente riempiendo i nostri vuoti.
Daniela Huber, responsabile del programma “Mediterraneo e Medioriente” presso lo IAI, ci ha portato a riflettere sul significato delle alleanze in un’area sconvolta da anni di proteste e dalla nascita e crescita di gruppi terroristici. L’Unione Europea in questo ambito ha il dovere di riuscire a parlare con un’unica voce, per essere una forza mediatrice tra i vari gruppi, cosa che invece non avviene e con cui come Europa dovremo fare i conti. Ancor più sarà importante mantenere con forza la posizione Onu sull’embargo, poiché gli armamenti sono la fonte principale di conflitto e destabilizzazione, con conseguenze drammatiche sui flussi migratori.
I flussi migratori giocano un ruolo importante e di ciò ci ha parlato Marcello Giordani, coordinatore del programma Libia di ICMPD. Dal 2014 infatti la Libia ha ospitato migranti forzati, sfollati interni, transitanti per il nord. Attualmente risultano presenti 630 mila migranti in un paese che non ha firmato la convenzione di Ginevra e che quindi non riconosce la richiesta di asilo. La presenza di UNHCR è dunque fondamentale e, ad oggi, l’agenzia registra 46 mila richieste di asilo.
Nonostante le partenze siano diminuite notevolmente nell’ultimo periodo, effetto importante del MoU, la rete del contrabbando fiorisce, tra migranti armi e droga, a causa di un esecutivo labile e per la mancanza di strumenti efficaci. La situazione legislativa stessa è complicata: è un crimine l’ingresso nel paese senza autorizzazione, portando i migranti ad essere tenuti in detenzione. Serve insomma un quadro legislativo appropriato, che permetta una regolamentazione di quella che diventerà in futuro forza lavoro di cui la Libia ha sempre avuto estremo bisogno. Una governance di medio lungo termine sembra essere la soluzione auspicata, con la necessità di far collaborare le amministrazioni locali e la società civile attraverso nuovi canali di discussione con ONG locali ed associazioni internazionali.
Il ruolo dei sindaci, infine, è fondamentale e da non sottovalutare, ci racconta Benedetta Oddo, Senior Strategic Advisor to Lybian Municipalities per la Nicosia Initiative. La Dottoressa Oddo ha vissuto in Libia per molti anni, già all’epoca Gheddafi. La Libia, dice, stava cambiando, ma non ha avuto tempo di fare il passaggio di consegne. Dopo Gheddafi gli stessi sindaci, uomini straordinari, hanno dovuto imparare a gestire delle municipalità con un assetto di paese completamente diverso, e sconvolto: hanno dovuto tenere il paese insieme e resistere. Emiratini e Sauditi hanno colmato buchi lasciati da altri, ricorda nuovamente. Un quadro molto vasto, quindi, ed eterogeneo, per un paese altrettanto vasto e altrettanto eterogeneo. Come Italia non possiamo non considerare tutte queste visioni e adottare quindi un ruolo adeguato alle nostre responsabilità che da sempre ci legano al paese nordafricano.
Dopo la visita in Libia Di Maio ha dichiarato che nei prossimi giorni “l’Italia nominerà un inviato speciale per la Libia, una figura di alto profilo che rappresenterà il nostro Paese e risponderà direttamente alla Farnesina. L’Italia ha indubbiamente perso terreno in Libia ma è il momento che recuperi il suo ruolo naturale e dia una mano in un Paese amico, vicino, a rischio terrorismo e nel pieno di una grave crisi umanitaria.
A proposito di questo, la vice Ministra Emanuela Del Re, da Ginevra, ha ricordato l’importanza della creazione di corridoi umanitari europei. Al Global Refugee Forum di Ginevra, ha presentato le linee d’azione del governo italiano in materia di politica migratoria ed accoglienza dei rifugiati, promuovendo la creazione di corridoi umanitari come modello da adottare a livello europeo.
È essenziale che si agisca con un’iniziativa comune per proseguire nel 2020 le operazioni di evacuazione dei rifugiati dalla Libia. L’Italia non può continuare da sola, ma deve essere in prima linea.