Giu 22, 20199.30, è ora di partire. Siamo a Gaziantep, una città a sud della Turchia, a circa 50 km dal confine siriano, a soli 123 km di distanza da Aleppo. Fa un po’ strano essere qui, tutto è tranquillo, tutto scorre come un giorno qualsiasi, eppure la guerra in Siria ha devastato la vita di milioni di siriani, ha cambiato la vita a uomini, donne e bambini, portando a cambiamenti notevoli in tutti i paesi circostanti, Gaziantep compresa.
Si parte con un bus, scortati da due auto della polizia. Il primo tratto per la città, poi tutta campagna. Ulivi, alberi da frutto, uva. Una terra che assomiglia alla Palestina, al sud dell’Italia, ad una terra di pace, di armonia. Man mano che ci dirigiamo verso sud, la terra si fa più arida. Da 2 scorte saliamo a 4 ad un certo punto. Lì per lì non si capisce il motivo, poi ci si ricorda che siamo in un terreno molto fragile.
Il Nazip Camp ospita oggi 980 container con una popolazione composta soprattutto da giovani e bambini. Qui c’è tutto: scuole con 1450 studenti e 135 insegnanti. C’è chi riesce addirittura ad andare all’università.
Ma anche ambulatori con dottori, supermercati, moschee, campi da sport, lavanderie, parrucchiere, sartoria, biblioteca e un centro informatico. Come in ogni campo profughi ben organizzato (e non tutti lo sono), qui si vive con un tesserino che identifica e permette l’accesso ai servizi, e agli acquisti gratuiti dei beni di prima necessità. Eppure questo posto è solo e deserto. Maledettamente deserto!
Gaziantep, con i suoi 2 milioni di abitanti, ha accolto ad oggi oltre 400.000 rifugiati siriani, pari ad un 20% della popolazione totale. Un’alta percentuale, se si pensa che su 80 milioni di abitanti in tutta la Turchia, 3,6 milioni di rifugiati accolti sono soltanto l’1,2%. Eppure Gaziantep si è distinto per la sua accoglienza e per i suoi progetti di integrazione. Ho parlato con alcune famiglie che ovviamente desiderano tornare a casa, in Siria, oppure sognano di trasferirsi in una città vera e propria. Molte le critiche ad un’Europa che sentono lontana e che un giorno vorrebbero raggiungere.
Le ultime direttive del governo turco sono state quelle di ridurre progressivamente i campi profughi, favorendo un’accoglienza ed una integrazione direttamente in città, per non creare rischio di isolamento.
I danni fisici e psichici che queste persone hanno subìto sono enormi. Tanti bambini sono nati e cresciuti sotto le bombe, sotto il suono della guerra. Tante donne hanno perso il loro marito, i loro figli. Centinaia di civili risucchiati dalla morte in una guerra dove loro non c’entravano proprio niente.
Continuo e continuerò a dire all’infinito che questo mondo non può e non deve che essere un mondo di pace. Un mondo con il rispetto reciproco, con l’accettazione reciproca, dove non esiste superiorità ed inferiorità, dove ognuno contribuisce alla ricchezza di questo globo, di questo mondo meraviglioso.
Scritto da Yana Ehm